FAQ Tributario 6

Pubblicato
il 16 Febbraio 2023

6. Sono dipendente di una società che ha sede fuori dall’Italia, posso lavorare da remoto dall’Italia?

Ad oggi, a livello internazionale non sono state adottate norme specifiche per il telelavoro. Ciò implica che troveranno applicazione le norme contenute nelle specifiche convenzioni contro la doppia imposizione (CDI), ossia trattati internazionali bilaterali che hanno lo scopo di disciplinare e ripartire la potestà impositiva tra due Paesi in circostanze cross-border. Secondo il Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni reso dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (cd. M-OCSE), utilizzato come linea guida per la redazione delle singole CDI, la disciplina di allocazione del diritto di tassare dei redditi da lavoro dipendente è contenuta all’art. 15. 

Tale disposizione prevede che, di regola, il reddito da lavoro dipendente venga tassato nello Stato di residenza (fiscale) del lavoratore. Ciò salvo che lo stesso non eserciti la propria attività in un Paese diverso, cd. Stato della fonte. In tal caso è prevista la possibilità per entrambi gli Stati di tassare il reddito (cd. imposizione concorrente), con l’obbligo, in capo allo Stato di residenza, di sgravare il contribuente dalla doppia imposizione in cui incorrerebbe. 

Ad es., sono residente in Italia (Stato di residenza), ma svolgo la mia attività in Francia (Stato della fonte). La Francia tasserà il mio reddito da lavoro dipendente e, previa comunicazione alle autorità, l’Italia mi riconoscerà le imposte versate all’estero. 

Alla regola esposta vi è un’eccezione, data dall’art. 15 para 2. In caso di un cd. collegamento tenue con lo Stato della fonte, il diritto di tassare rimane in capo allo Stato di residenza. Ciò si verifica se sono soddisfatte, cumulativamente, le seguenti condizioni: (i) il dipendente non trascorre più di 183 giorni, (ii) le remunerazioni sono pagate da (o a nome di) un datore di lavoro che non è residente nello Stato della fonte, e (iii) l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione del datore di lavoro nello Stato della fonte.

Ad es., sono residente in Italia (Stato di residenza), ma svolgo la mia attività in Francia (Stato della fonte) solo per tre mesi (90 giorni), pagato da un datore di lavoro residente in Italia (o altro paese diverso dalla Francia), ecco che è solo l’Italia a potermi tassare sul reddito da lavoro prodotto. 

Secondo le regole ad oggi vigenti, il criterio della presenza fisica determina il luogo che, di fatto, ha diritto a prelevare le imposte sul reddito da lavoro dipendente prodotto. 

Il problema del telelavoro è dato dal fatto che il lavoratore modifica la propria abitudine lavorativa e non si reca più presso la sede del datore di lavoro, bensì sceglie di lavorare da remoto, tendenzialmente dalla propria abitazione, ma anche da luoghi pubblici e/o altro. 

Nei casi internazionali, occorre, quindi valutare sì dove il telelavoro viene svolto, ma anche chiarire dove il lavoratore sia considerato fiscalmente residente.

Si ricordi che la residenza fiscale non coincide sempre con la residenza anagrafica e deve essere identificata secondo le norme interne del Paese interessato. Nel caso dell’Italia, ad es., la norma di riferimento è l’art. 2 d.P.R. 917/1986 (cd. Testo Unico sulle Imposte sul Reddito, TUIR). Spesso può accadere, specie nei rapporti con l’Italia, che due Paesi si contendano la residenza fiscale del contribuente. Infatti, per riconoscere la residenza in Italia, anche in assenza di presenza fisica, di iscrizione all’AIRE e di cancellazione dalle anagrafi dei comuni di precedente residenza, è sufficiente che si riconosca ivi il domicilio, inteso come un collegamento, affettivo e/o economico, col territorio italiano, letteralmente dove si trova la “sede principale dei suoi affari e interessi” (art. 43 cc). 

Ipotizziamo che io sia un lavoratore dipendente residente in Francia, ove svolgo la mia attività da lavoratore dipendente. Decido di cominciare a lavorare da remoto dall’Italia, dove si trovano, ad es., i miei genitori ed il mio fidanzato. 

Applicando la norma di cui all’art. 15 M-OCSE, salvo specifici accordi tra i due Paesi, avremmo che la potestà impositiva spetterebbe alla Francia (Stato di residenza), ma per i giorni in cui svolgo telelavoro in Italia, sarà quest’ultima a poter imporre parte del mio salario, come Stato della fonte.

Attenzione, però. Nel caso descritto c’è la possibilità che l’Italia contesti anche la residenza fiscale del contribuente in Italia, trovandosi in Italia la famiglia del contribuente (centro affettivo) e lavorando egli dall’Italia, seppur da remoto.

La risposta alla domanda se è possibile svolgere il telelavoro dall’Italia per un datore di lavoro estero è positiva. Occorre, tuttavia, porre particolare attenzione alle modalità in cui viene esercitato ed essere consapevoli degli oneri dichiarativi ed impositivi in cui si ricade.

Dott.ssa Francesca Amaddeo