SW® Possibile | Edgemony

Pubblicato
il 14 Novembre 2020

Edgemony è una startup che crede e investe nella Sicilia, inseguendo l’obiettivo di trasformarla in un hub tecnologico perfettamente integrato in un ecosistema di aziende globali, ma non solo.

Nella sua vision, Edgemony intende “invertire i flussi migratori” di menti talentuose, formando e facendo tornare professionisti in Sicilia, fornendo loro tutti gli strumenti necessari per lavorare in remoto con aziende Tech globali, trattenendoli nella propria terra d’origine.

Lo fa attraverso i suoi corsi di formazione digital di alto livello, tra cui un Master in Digital Marketing, e un Coding Bootcamp (che partirà a gennaio 2021) dedicato alla formazione di futuri sviluppatori web, pronti ad essere assunti dalle aziende partner di Edgemony.

La loro promessa è quella di avere sia un forte impatto sul territorio con una formazione di qualità (che sia sostenibile per i suoi studenti), sia quella di costruire un “ponte” sul Nord d’Italia e sul resto d’Europa per agevolare l’inserimento e la connessione di talenti del Sud con aziende e altri professionisti.

L’idea, lanciata poco prima del lockdown, riflette in parte anche il percorso professionale degli stessi fondatori, Marco Imperato e Daniele Rotolo: entrambi, dopo lunghe esperienze in Italia e all’estero, hanno deciso di rientrare nell’Isola e di scommettere sulla rivoluzione digitale che era già in atto insieme a Ugo Parodi, founder di Mosaicoon e socio dell’intero progetto. Il modello di riferimento?

Lisbona: la città diventata in meno di 15 anni un punto di riferimento dell’innovazione, grazie a un’educazione tecnologica di qualità, a un paio di startup di successo e a qualche investimento privato. “Il lockdown– ammettono Marco e Daniele – ha dimostrato che lavorare da remoto è possibile e conveniente in termini di costi e produttività. Ma ha anche l’effetto di ‘riportare a casa’ molti professionisti, facendo maturare la consapevolezza che la Sicilia non rappresenti più un limite”.

Pubblicato
il 13 Novembre 2020

di Redazione

South Working, un gruppo di giovani professionisti propone al governo e alle istituzioni di rafforzare tutele e incentivi per chi lavora “agilmente” al Mezzogiorno. In tre mesi “South Working – Lavorare dal Sud” ha raggiunto, attraverso i canali social, decine di migliaia di south workers e potenziali tali e creato una rete capillare di volontari sui territori.

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Pubblicato
il

di Maria Pia Tucci

South working, ovvero lavorare da Sud. Il modello di lavoro agile che può ridare slancio ai territori e produrre innovazione ma anche felicità che in termini di produttività per le aziende, statisticamente dedotta, coniuga un miglioramento in entrata e in uscita del 15 – 20%.

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Pubblicato
il 7 Novembre 2020

Per la rubrica #SWPossibile vi presentiamo Wise Coworking, un progetto nato all’interno della “visione” di Cristian Tava e della sua famiglia che prende il nome di Villaggio Saggio.

Ex artigiani, oggi appassionati di formazione e comunicazione, stanno cercando di guardare il mondo con gli occhi diversi (quelli della dislessia).

Wise Coworking è il coworking dei Borghi, spazi diffusi in rete tra loro e i borghi che aderiranno. Nato sulle ceneri del loro Coworking Familiare, oggi muove i primi passi da Offagna, un borgo medievale dove si sono sposati 20 anni fa.

Wise Coworking, oltre ad affittare scrivanie e spazi di lavoro, vuole dare una forte impronta al ripopolamento e al coinvolgimento dei giovani per creare startup che risolvano i problemi pratici del borgo e per creare economie circolari locali. L’idea è quella di creare sinergie e lavorare su progetti di recupero culturale, artigianale e sociale.

Questo è per loro un progetto pilota che li porterà ad esplorare le marche prima e il resto d’Italia poi. A fianco di questo progetto già ambizioso è nato il desiderio di creare una scuola esperienziale per adolescenti. Formazione, esperienza, lavoro: questo è il circolo virtuoso che coinvolge il coworking con uno sguardo all’Europa!

Pubblicato
il 6 Novembre 2020

di Giuseppe Smorto

E successo sottovoce, nei giorni del primo lockdown. Giovani laureati sono tornati al Sud, continuando a lavorare per aziende del Nord. E quella che era una dimensione micro è diventata in estate un progetto macro: ri-attrarre capitale umano, non solo offrendo un pc vista mare, ma nuovi servizi, consumi e cultura in zone svantaggiate del Paese, impoverite dalla nuova emigrazione. L’idea ha preso naturalmente il nome di South Working, appena timbrato dalla Treccani, che molti possono tradurre in: pensavo di non tornare più, e invece. Un manifesto di politica economica con le storie di chi ha fatto due bagagli in fretta ai primi di marzo, e rischiato di buttar via un posto. Ha invece ottenuto la fiducia della sua azienda: non importa dove sei, importa quello che fai.

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Pubblicato
il 5 Novembre 2020

Paola è una Graphic Designer di Matera, con alle spalle una seconda laurea in Archeologia e alcuni anni di spostamenti in giro per l’Italia e l’Europa, per ragioni di studio e lavoro.

Da viaggiatrice e curiosa del mondo, ha adorato fare esperienze e per molto tempo ha creduto che il suo futuro sarebbe stato lontano dal Sud. Il caso, però, ha deciso diversamente. Il suo primo vero lavoro Paola l’ha trovato a Cosenza, dove da circa 4 anni lavora in uno spin-off innovativo dell’Università della Calabria che le ha consentito di unire le sue competenze grafiche all’amore per l’Archeologia.

Pur avendo già sperimentato molte volte l’inizio di una nuova vita in una nuova città, Paola non aveva mai dovuto affrontare le limitazioni di un lavoro stabile: essere sola, lontana dagli affetti e costretta a fugaci weekend di compromessi le causava molto dolore, tanto da arrivare a chiedere, circa due anni fa, di poter lavorare da remoto. Richiesta che, in quel momento, non aveva incontrato un’intesa con l’azienda.

Tuttavia, già nel marzo scorso, l’azienda ha deciso di tutelare la salute dei dipendenti consentendo a tutti di lavorare da remoto. Ora lei, che oramai ha una vita stabile con il suo fidanzato a Cosenza, ha la possibilità di spostarsi molto più spesso a Matera e tenere i rapporti con gli amici più cari ed i genitori.

Per fortuna, tanto a Cosenza quanto a Matera, Paola può disporre di un ambiente di lavoro adeguato che non le fa rimpiangere l’ampia scrivania dell’ufficio. Certo, a volte è difficile separare la vita personale da quella lavorativa e spesso si arriva a fare tardi davanti al computer senza rendersene conto.

In compenso, il risparmio in termini economici ed energetici è notevole e la libertà di potersi spostare quando ne ha la necessità senza perdere un giorno di lavoro è impagabile!

Passata l’emergenza sanitaria, le piacerebbe poter continuare a lavorare da remoto, almeno per alcuni periodi, e magari passare qualche settimana anche al nord per poter stare vicino a sua sorella e agli amici. E chissà, magari poter tornare a viaggiare!

Pubblicato
il 3 Novembre 2020

di Walter Giuzio e Lucia Rizzica

L’emergenza sanitaria ha portato a un utilizzo massiccio del lavoro a distanza nelle amministrazioni pubbliche italiane, sotto l’impulso dei provvedimenti varati dal Governo per arginare la diffusione del virus. La percentuale di lavoratori pubblici che dichiaravano di aver svolto il proprio lavoro da casa almeno una volta nella settimana di riferimento è passata del 2,4 per cento del 2019 al 33 per cento del secondo trimestre 2020. A usufruire maggiormente del lavoro da remoto sono state le donne e i lavoratori più istruiti. Tra gli enti locali, circa il 95 per cento ha adottato misure di smart working, con differenze significative nel grado di estensione legate in primo luogo alla tipologia di ente e quindi alle funzioni da svolgere e al loro grado di telelavorabilità. A parità di funzioni, ulteriori differenze sono legate alla composizione demografica e alle competenze della forza lavoro dell’ente e, in misura minore, alle dotazioni informatiche disponibili.

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Pubblicato
il 30 Ottobre 2020

Per la rubrica #SWPossibile , vi raccontiamo l’iniziativa di un’associazione calabrese che ha portato un gruppo di studenti britannici a vivere e studiare in remoto, per un trimestre, in un paesino a rischio spopolamento.

Come segnalatoci, infatti, dai membri della nostra Community Facebook, l’associazione “La Rivoluzione delle Seppie” è riuscita a riattivare la vita sociale, culturale e urbana di Belmonte Calabro, che oggi, grazie a questo interessante progetto, ospita un gruppo di ben 15 studenti inglesi.

Gli studenti, sistematisi nella case nel centro storico del paese, usano i vari laboratori artigianali presenti nel piccolo borgo, alcuni attualmente chiusi, ma ancora perfettamente funzionanti, e lavorano in spazi coworking ricreati all’interno della Casa di Belmondo: uno spazio ibrido polifunzionale a finalità educative e culturali indipendenti.

Facciamo i nostri complimenti ai ragazzi dell’associazione “La Rivoluzione delle Seppie” e auguriamo buon lavoro ai 15 amici che da Londra scoprono le bellezze del territorio italiano continuando il loro percorso universitario a distanza.

Pubblicato
il 29 Ottobre 2020

di Emiliano Di Maro – Università Ca’ Foscari di Venezia

L’attuale contesto organizzativo continuamente mutevole e altresì caratterizzato dalla pandemia globale da COVID-19 ha fatto emergere per le aziende, sia pubbliche che private, l’esigenza di rimodellarsi. Ciò ha dunque portato le imprese a pensare a nuove soluzioni organizzative per riuscire a fronteggiare al meglio il periodo di emergenza, cercando di restare competitive o quantomeno di essere produttive. Il tema dello Smart Working, disciplinato in Italia dalla Legge n. 81/2017, si inserisce in questo filone, essendo una soluzione organizzativa pensata per aumentare il grado di flessibilità, autonomia e collaborazione nel rapporto di lavoro, nonché di migliorare il bilanciamento tra vita privata e lavorativa. Dopo una prima parte introduttiva, in cui vengono descritti sia il contesto in cui va ad inserirsi questo paradigma organizzativo che i driver che lo caratterizzano, si passa in rassegna il quadro normativo di riferimento, descrivendo ed analizzando l’evoluzione normativa che ne deriva dalla sua applicazione. Successivamente, verrà operato un confronto tra analisi relative al settore della Pubblica Amministrazione e al settore privato sia per il periodo antecedente la pandemia, che per quello immediatamente successivo e si cercheranno di capire quali saranno le implicazioni future relative a questa materia. L’ultima parte dell’elaborato è dedicata ad una visione del lavoro agile oltre i confini nazionali, cercando di dar luogo così ad un confronto anche a livello internazionale. L’obiettivo è quello di capire se le aziende, le amministrazioni e gli enti pubblici che utilizzano questa modalità traggono i molteplici vantaggi enunciati dalla letteratura relativamente alle caratteristiche che compongono il modello Smart Working, rispetto alla modalità classica di lavoro subordinato.

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Pubblicato
il 26 Ottobre 2020

Gaetano è un architetto siciliano, vive a Roma da 2 anni e mezzo e lavora nella divisione di progettazione di Open Fiber.

L’azienda nasce per realizzare un’infrastruttura a banda ultra larga (BUL) interamente in fibra ottica FTTH (Fiber To The Home) una rete di telecomunicazioni a disposizione di tutti gli operatori interessati, senza discriminazioni, per avere una sola infrastruttura all’avanguardia, tante possibilità di scelta in termini di servizi e tariffe per gli utenti. Open Fiber lavora per portare la connessione in migliaia di comuni italiani, dalle grandi città ai borghi meno popolati del Paese.

Dal 10 marzo Gaetano lavora in Smart Working e da metà maggio è rientrato a Terrasini, in provincia di Palermo, il bellissimo comune costiero dove è cresciuto.

Questa modalità di lavoro, in un periodo come quello che stiamo attraversando, è stata fortemente agevolata dalla propria azienda che ha deciso di fornire a tutti i suoi dipendenti ogni strumento utile (come ad esempio sedie ergonomiche, monitor, supporto per computer portatili, ma anche mascherine e gel disinfettanti) per rendere il più confortevole possibile le attività lavorative svolte da remoto. La possibilità di ritornare nella sua amata Sicilia ha reso Gaetano molto più entusiasta. Poter trascorrere del tempo con la propria famiglia e i propri amici non è cosa da poco, ma anche godere del mare, alcune volte, a pochi passi da casa nelle pause pranzo o a fine giornata. Gaetano, non ha riscontrato alcun problema nel lavorare lontano dalla sua sede perché il suo lavoro è gestibile totalmente da remoto. 

La possibilità di poter lavorare in Smart Working– dichiara Gaetano Basile –pone le basi per un futuro ibrido tra presenza fisica e digitale. Il South Working rappresenta una grande iniziativa per i territori del sud. Il lavoro agile potrebbe rivelarsi un valido strumento per ridurre il divario economico, sociale e territoriale nel Paese e migliorare la qualità della vita di milioni di persone.

Pubblicato
il 23 Ottobre 2020

Per la rubrica #SWPossibile , vi raccontiamo cosa sta accadendo nei borghi sanniti, che grazie allo smart working sono oggi località attrattive che contano italiani e stranieri provenienti da ogni parte del mondo.

Solo pochi anni fa, infatti, lo spopolamento dei borghi sanniti era una vera e propria emergenza sociale, ma oggi la realtà è diversa.

Grazie a progetti come “RiaAbitare”, basato sul recupero di immobili e terreni, pubblici e privati, sono tanti i giovani sanniti che hanno scelto di rientrare, ma non solo.

Numerosi sono anche gli stranieri, in larga parte inglesi e americani, che hanno scelto di trasferirsi integrandosi perfettamente e diventando dei veri e propri ambasciatori nel mondo del progetto. I borghi italiani sono i luoghi da cui nascono le nostre tradizioni.

Tradizioni che occorre custodire e valorizzare. Lo smart working ci sta dimostrando che offre un’opportunità incredibile per la rinascita di questi luoghi magici e per contrastare il loro spopolamento riattivandone l’economia

Pubblicato
il 21 Ottobre 2020

Norirosa ha 28 anni ed è calabrese. Da 10 anni vive a Roma, dove lavora per una importante azienda nel settore telecomunicazioni in qualità di Business Controller.

Ama quello che fa perché, ci dice, le dà la possibilità di lavorare con i numeri, ma anche con tante persone.
Dall’inizio della pandemia lavora in smart working e dopo un periodo di “sicurezza” trascorso nella capitale ha deciso di tornare a casa, in Calabria.

Ha dovuto creare una nuova quotidianità, fatta sicuramente di tante telefonate e videocall, ma anche di una qualità della vita più alta rispetto a prima: meno traffico e attese snervanti, più colazioni tranquille e tempo per se stessa. Questo le ha permesso di lavorare in maniera più efficiente e ha potuto anche beneficiare della vicinanza della propria famiglia e degli amici di sempre.

Nonostante questo, però, ci confessa di aver sentito la mancanza dei suoi co-worker, delle allegre pause caffè e delle risate a fine giornata. Il suo nuovo ufficio è il piccolo studio in cui vive e nonostante questo cerca ugualmente di non perdere le sue abitudini.

Norirosa è sempre più consapevole di come l’innovazione e la tecnologia siano oggi di estrema importanza per non abbandonare la propria terra, il proprio luogo del cuore.

Pubblicato
il 14 Ottobre 2020

Antonio è un ingegnere gestionale di Palermo, si è trasferito al nord per completare gli studi di laurea magistrale a Torino e da un anno lavora come consulente in ambito Data and Analytics per una società con sede a Milano.

Da marzo ha fatto ritorno in Sicilia e da allora non si è più mosso continuando a lavorare da remoto.

Grazie agli strumenti e le competenze tecnologiche di cui è in possesso, pur essendo entrato nel mondo del lavoro da poco, si è adattato rapidamente riuscendo a portare a termine le attività progettuali senza particolari impedimenti.

Durante i mesi più duri del lockdown il poter continuare a lavorare lo ha aiutato a scandire il ritmo delle giornate trascorse a casa, che così passavano più velocemente. Il team di colleghi con cui lavora Antonio si è dato da fare per trovare momenti di socialità e team building anche da remoto, come dei brevi team meeting informali (rigorosamente camera on) e senza agenda in cui ritrovarsi tutti per chiacchierare anche di argomenti di svago oltre al lavoro.

Antonio è soddisfatto della sua esperienza da South Worker fino ad adesso, potendo trascorrere maggior tempo con la propria famiglia e gli amici più cari. È contento di ritrovarsi inaspettatamente nella propria città facendo il lavoro che a lui piace. Aveva sempre pensato che il lavoro a cui ambiva non esistesse a Palermo, mentre adesso è fiero di rappresentare il cambiamento di un modello di lavoro che tende alla delocalizzazione.

Allo stesso tempo ritiene faticose le lunghe giornate al computer e sente la mancanza dei brevi momenti di socialità con i colleghi in ufficio. Amava la dinamicità e il respiro internazionale di Milano ma al momento continua a godersi la tranquillità di Palermo e la possibilità di trascorrere i weekend al mare che lui ritiene impagabili.

Pubblicato
il 9 Ottobre 2020

Nato da un’iniziativa del Comune, in collaborazione con gli operatori locali, il progetto Smart Working Otranto sposa la filosofia dell’ufficio diffuso e invita i lavoratori in smart working a recarsi ad Otranto per lavorare e beneficiare di numerosi vantaggi a loro dedicati.

Smart Working Otranto è quindi una vera e propria rete che ha messo insieme hotel, attività commerciali, locali e tante altre realtà presenti nel territorio con un unico scopo: offrire un’ambiente ideale per coniugare produttività e benessere.

Cuore pulsante del progetto, la biblioteca “Le Fabbriche”: uno spazio concepito come piazza e spazio pubblico da condividere.

Pubblicato
il 7 Ottobre 2020

di Martina Derito e Mario Mirabile

L’idea del lavoro agile dal Sud, o “South Working”, come l’abbiamo chiamato a marzo 2020, sta ricevendo attenzioni mediatiche a livello nazionale e internazionale, ed è quindi soggetto a interpretazioni individuali. È normale che ciò avvenga, vista la natura ibrida del lavoro nella sua dimensione sociale, individuale e collettiva…

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Pubblicato
il

Rossella ha 28 anni ed è originaria di Verona. Tre anni fa, fresca di laurea in Ingegneria Civile, si è trasferita in Irlanda.

Fin dall’inizio ha notato grandi differenze in ambito lavorativo e nella mentalità delle persone. Più rispetto, gentilezza e collaborazione tra colleghi, ma soprattutto fiducia e responsabilizzazione dei dipendenti, fattori che l’hanno spinta all’inizio del 2020 a chiedere di poter lavorare da remoto da qualunque parte del mondo.

Seppur con qualche iniziale titubanza, la sua richiesta viene accolta, soprattutto dopo aver considerato che la presenza di Rossella in ufficio non era essenziale e che la sua produttività non ne avrebbe risentito. Inizia così la sua esperienza da nomade digitale alle Canarie, in una delle capitali europee scelta dai remote workers di tutto il mondo.

Dopo qualche mese, però, inizia a sentire nostalgia di casa. Decide, così, di rientrare. Il suo “south”, in questo caso, è il nord Italia, più precisamente un paesino della pianura veronese, caratterizzato da tranquillità e tanto verde.

Qui, ci racconta Rossella, il tempo sembra essersi fermato: la vita costa poco e i servizi essenziali ci sono. Ciò che le manca di più è la presenza di un coworking e di una comunità fisica di persone con cui confrontarsi e ricreare quella contaminazione culturale tipica delle università o delle grandi città.

Secondo Rossella i remote workers come lei hanno la responsabilità e il dovere morale di contribuire allo sviluppo e al benessere della comunità in cui decidono di vivere, e non solo, perché la nostra casa è in realtà il mondo intero.

Ecco perché negli ultimi mesi ha iniziato a supportare alcune no profit fondate da nomadi digitali che operano in paesi in via di sviluppo. Inoltre, in futuro, le piacerebbe collaborare anche con le realtà della zona che ha scelto per vivere, lavorare e costruire il suo futuro.

Pubblicato
il 6 Ottobre 2020

di Gerardo Magaldi

Il Covid ha portato circa 8 milioni di lavoratori nella sola Italia a operare da casa nel momento di picco pandemico. Secondo le analisi dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, la maggior parte di questi non hanno lavorato veramente seguendo i principi del lavoro agile, per mancanza di una cultura del lavoro da casa, di formazione in campo digitale e altro. Questi lavoratori hanno operato da remoto in una condizione emergenziale e vincolata, senza volontarietà e flessibilità. Dunque, secondo la Carta del South Working (www.southworking.org/carta-del-south-working), per immaginare come sta cambiando il lavoro è necessario promuovere percorsi di formazione adeguata per gli impiegati, al fine, di mantenere: un sano equilibrio fra vita privata e lavoro, condizioni di lavoro ottimali e alti standard di produttività non più associati alla mera presenza fisica in ufficio.

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Pubblicato
il 2 Ottobre 2020

Per la rubrica #southworkingpossibile, siamo felici di raccontarvi come trasformare un comune in un borgo smart working.

Come segnalatoci da diversi utenti della nostra Community Facebook, pare, infatti, che il comune di Santa Fiora, in Toscana, si appresti a erogare dei voucher per coloro che prenderanno casa per almeno due mesi all’interno del territorio comunale. 

Una bella iniziativa che seguiremo con piacere, nella speranza che anche altri comuni italiani possano replicare questo esperimento nei propri territori, creando così ambienti di lavoro ottimali per quanti desiderano svolgere la propria professione lontani dal caos della città.

Pubblicato
il 23 Settembre 2020

Giorgia si occupa di Digital Marketing da 3 anni e mezzo. Originaria di Taranto, si è trasferita prima a Roma per studiare, e poi a Milano per seguire l’azienda nella quale lavora.

Da Marzo è in smart working, come tanti, ma a Luglio ha avuto la possibilità di scendere nella sua amata Puglia, e lavorare dalla sua villa a due passi dal mare.

Il lavoro nel Marketing si concilia molto bene con il concetto di smart – e south – working. Non ha bisogno di una sede fisica dalla quale accedere a dati, informazioni, o altro: è tutto online! L’azienda per cui lavora aveva adottato già da tempo la pratica del lavoro da remoto, limitandolo al team Tech.

Dal periodo della quarantena dovuta al Covid-19 in poi, però, essa ha dato a tutti la possibilità di lavorare da casa. Al momento Giorgia si trova con la sua famiglia, adora passare i weekend al mare (ed alcune volte si concede un tuffo anche alla fine della giornata lavorativa!).

Ciò che preferisce maggiormente, però, è la flessibilità: grazie al lavoro da remoto ed al risparmio di tempo sui mezzi di trasporto, è riuscita a conciliare la sua professione con i suoi interessi che aveva da tempo abbandonato, come la lettura, e a trovarne addirittura di nuovi, come il disegno e la pittura! Anche la possibilità di coltivare progetti nuovi e stimolanti è un punto a favore dello smart working. Per lei è impagabile aver ritrovato amici di una vita, e poter passare più tempo con i suoi affetti.

Spera, un domani, di poter avere la possibilità di lavorare in South Working quando vorrà, o perlomeno in estate! Inoltre, ritiene che questa possa essere un’opportunità unica per il rilancio del Sud Italia: con le giuste infrastrutture ed un apparato di supporto, si potrebbero creare ottime reti di condivisione e comunicazione! Insomma, se gestita bene, potrebbe essere un’occasione di crescita tanto per il Sud Italia quanto per i suoi cittadini.

Per Giorgia, una caratteristica che non deve assolutamente mancare ad un South Worker è l’organizzazione: avere a mente quali sono le proprie task e gli obiettivi da raggiungere quotidianamente, rispettarli senza lasciarsi trasportare dalla vicinanza al mare!

Pubblicato
il 19 Settembre 2020

Prendendo spunto dal concetto di coworking e studio condiviso, Flavio e Serena hanno deciso di creare uno spazio per rispondere alle necessità di tutti coloro che cercano una propria dimensione sia fisica sia concettuale e non sanno dove trovarla. 

“MyRoom – il tuo spazio libero”, è stato concepito come una vera e propria “stanza fuori dalle mura di casa” dove ognuno può creare la propria realtà.

Le dinamiche occupazionali che cambiano continuamente impongono la necessità di creare spazi occasionali ad uso personale ed esclusivo dove costruire idee, crescere professionalmente, fare business, incontrarsi e, allo stesso tempo, riuscire a pensare fuori dagli schemi.

La caratteristica principale del loro progetto è rappresentata dal concetto di “personalizzazione”, perché hanno scelto di dare la possibilità di noleggiare lo spazio per il tempo e i giorni che ciascuno preferisce.

Pubblicato
il 11 Settembre 2020

La missione di Noma.Digitali è quella di trasformare il modo in cui i nomadi digitali vivono e lavorano, creando delle comunità dove poter vivere serenamente lontano dalla giungla urbana e dallo stress che questa provoca.

L’idea è di spazi non solo per lavorare ma per vivere in luoghi belli e stimolanti per mente e corpo, dove poter aumentare la qualità della vita e poter sfruttare il tempo in maniera ottimale. I siti saranno progettati per essere a impatto zero per l’ambiente e per soddisfare le esigenze di lavoratori digitali tra i 25 e i 36 anni. Il Proof of Concept verrà lanciato in Sardegna.

Si rivolgono ai 16 milioni di Gen Z e Millennial, che lavorano in aziende in ambito tecnologico, che hanno la possibilità di lavorare in qualsiasi parte del mondo, supportati solamente da una connessione internet.

Ritengono che i prezzi delle case nelle principali città siano aumentati in modo spropositato. Le principali città metropolitane, dove hanno sede le migliori società, sono infatti troppo costose per la Generazione Z e per i Millennial. Anziché valutare l’acquisto o l’affitto di una casa, la scelta obbligata diventa quindi l’affitto di una stanza o di un posto letto.

Allo stesso tempo oggi la tecnologia consente ad alcuni lavoratori di poter lavorare in qualsiasi luogo e quindi di non vincolarsi a una specifica città.

La soluzione proposta è quella di creare degli alloggi a prezzi ragionevoli e spazi di coworking e di formazione in luoghi di alta qualità.

Pubblicato
il 9 Settembre 2020

Giuseppe, ingegnere Informatico calabrese, a Milano dal 2012, è un esperto di cybersecurity e lavora per una società di consulenza internazionale.

Da inizio marzo è rientrato in Calabria, tra Cosenza e Torremezzo di Falconara Albanese.

Aveva già collaborato da remoto in modalità agile con dei team virtuali su progetti di social innovation ma non aveva mai avuto l’occasione di sperimentare questo approccio nel contesto di progetti cliente.

Lo smart working non ha impattato negativamente sul lavoro. Questa esperienza gli ha permesso di ritrovare il calore della sua famiglia e l’affetto degli amici d’infanzia, riscoprendo le sue radici. Inoltre, eliminando i tempi morti degli spostamenti casa-lavoro, ha ottenuto un miglior work-life balance, potendo coltivare degli hobby e partecipare a numerosi eventi online di formazione.

Un’adozione diffusa del South Working, oltre ai benefici in termini di riduzione dell’inquinamento, permetterebbe alle aziende di avvalersi di professionisti che, per motivi personali o familiari, non sarebbero disposti a trasferirsi. Abilitando in modo efficace lo smart working, grazie a connessioni a banda larga, i professionisti del Sud potrebbero lavorare per aziende del Nord o anche estere.

Sarebbe un’opportunità per ripopolare i borghi, luoghi più a misura d’uomo, dove i “Digital Knowmads” possano lavorare in tranquillità.

Sente la mancanza del fermento culturale di Milano, mentre a Cosenza sta riscoprendo una quotidianità dal ritmo meno frenetico e il piacere delle piccole cose.

Pubblicato
il 8 Settembre 2020

di Redazione

Non semplicemente lavorare da casa ma lavorare dal sud, dalla Sicilia. Erano le settimane successive al lockdown quando nasceva l’idea del “South working” della giovane ricercatrice palermitana Elena Militello…

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Pubblicato
il 7 Settembre 2020

Lydia è una chimica computazionale pugliese, e lavora da 7 anni come ‘south worker’.

Dopo aver vissuto a Siena, Barcellona e Perugia, ha deciso di tornare in Puglia (Bitonto), per riavvicinarsi agli affetti, al mare e ad uno stile di vita più ‘morbido’. Dal 2014, dopo aver concluso un dottorato di ricerca a Perugia, ha lavorato prima per un’azienda inglese (Molecular Discovery Ltd) e poi per la sua ‘sorella italiana’, la Molecular Horizon, una start-up di Perugia.

In entrambe i casi ha potuto lavorare in modalità smart working. Vivere la sua terra d’origine, mantenendo però il lavoro che ama e i contatti con una realtà più internazionale, è stato il compromesso più entusiasmante che le sia mai capitato.

L’esigenza di ‘tornare giù’ è stata anche figlia di un bando regionale chiamato ‘Ritorno al Futuro’, una sorta di ‘contratto etico’ che permetteva ai giovani neolaureati di fare percorsi post-laurea fuori Puglia, pagati dalla regione stessa, auspicandosi che poi, questi stessi giovani, riportassero al sud un’opportunità di crescita.

Ad oggi ci sono stati piccoli successi perché altre due ragazze pugliesi lavorano per la sua stessa azienda come ‘south workers’, creando di fatto un piccolo nucleo lavorativo. Inizialmente Lydia ha trovato in un grande coworking di Bari (Impact Hub) il suo spazio lavorativo. Poi, con l’arrivo della sua bimba, ha deciso di avvicinarsi di più a casa, scegliendo un piccolo ufficio condiviso con 5 liberi professionisti.

Il suo lavoro consiste nello sviluppo di software per simulare e risolvere problemi di tipo chimico/biologico per aziende farmaceutiche o alimentari, e moltissime Università che fanno ricerca in questo campo. Nella sua azienda la metà dei dipendenti è dislocata in altre città non umbre (da Torino a Napoli), e questo grazie all’intuito del direttore scientifico che, quasi 10 anni fa, ha capito che un lavoratore sereno produce di più.

Mensilmente tutti i dipendenti si riuniscono a Perugia per discutere i risultati, ricevere i clienti, cucinare e cenare insieme, fare passeggiate e tutto quello che adesso si chiama ‘team building’. Questo modo di lavorare per lei è diventato indispensabile: gestisce i contatti con collaboratori e clienti più o meno nell’orario d’ufficio ma con la possibilità di organizzarsi al meglio con meeting e todolist, e recuperare un’ora spesa per andare all’asilo da sua figlia o semplicemente per fare una passeggiata al mare e riacquistare la concentrazione.

La flessibilità d’orario è davvero impagabile. Ci racconta che il più grande limite è la mancanza del confronto diretto e quotidiano con i colleghi, e per questo fa un largo uso di chat dedicate per essere sempre in contatto con tutta la ‘squadra’. Le chiediamo cosa pensa sia strettamente necessario per un south worker: “la disciplina e un grande senso di responsabilità.

Avere un programma ben definito delle cose da fare, cercare di imporsi una routine giornaliera e avere un luogo in cui recarsi è davvero importante per vivere bene il south working”.

Pubblicato
il 4 Settembre 2020

Mariangela si è laureata in economia e commercio a Bologna, ma ha deciso di costruire al sud, nella sua terra, il suo futuro.

Oggi che il ritorno è diventato per alcuni una necessità, più o meno imposta, Mariangela ha scelto di essere parte attiva di questo cambiamento, mettendo a disposizione la sua professionalità e ospitando non solo i turisti, ma anche i suoi concittadini.

Così, dopo i lunghi faticosi mesi di lockdown, ha riaperto uno degli hotel della sua famiglia in una nuova veste, trasformando la hall e il ristorante in uno spazio coworking, pronto per poter accogliere i nomadi digitali, gli studenti, gli smartworker insomma i South Worker del futuro.

Nasce così “AriaeCoworking”, a San Giovanni Rotondo, in Puglia.
Mariangela vede ogni giorno nuovi lavoratori smart che dal sud sono andati via e che oggi pensano di tornare e spera di poter accogliere anche tutti quelli che qui, invece, ci sono rimasti, immaginando di costruire percorsi nuovi insieme.

Spera quindi, che l’Ariaecoworking diventi tutto questo: un contenitore di storie e persone, una community creativa, un luogo fertile per sperimentare.
Lavorare dal sud anche per il sud sarà il prossimo obiettivo.

Pubblicato
il

di  Angelo van Schaik

Door de lockdown kwam de digitalisering van Italië in een stroomversnelling terecht. Zuiderlingen zagen hun kans schoon om vanuit hun geboortedorp op Sicilië of in Apulië voor hun bedrijf in Milaan of Rome te werken. Southworking is geboren…

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Pubblicato
il 2 Settembre 2020

Claudia Di Bari è pugliese, vive a Roma da 3 anni e lavora nella divisione commerciale di Open Fiber. 

L’azienda nasce per realizzare un’infrastruttura a banda ultra larga (BUL) interamente in fibra ottica FTTH (Fiber To The Home) in tutte le regioni italiane, una rete di telecomunicazioni a disposizione di tutti gli operatori interessati senza discriminazioni: una sola infrastruttura all’avanguardia, tante possibilità di scelta in termini di servizi e tariffe per gli utenti.

Open Fiber in particolare interviene in oltre 250 città investendo fondi propri, mentre in migliaia di centri a forte divario digitale opera in regime di concessione. 

Dal 10 marzo Claudia sta lavorando in smart working, dividendosi ora tra la Capitale e Manfredonia, la “perla” del Gargano dove è nata. Questa modalità di lavoro è stata fortemente agevolata dalla propria azienda che ha deciso di fornire a tutti i suoi dipendenti ogni strumento utile (come ad esempio sedie ergonomiche, monitor, supporto per computer portatili) per rendere il più confortevole possibile il lavoro agile.

Tra l’altro, ben prima dell’emergenza coronavirus, Open Fiber era impegnata nella diffusione delle competenze digitali con un focus orientato proprio sulla cultura dello smart working. 

Da quando è tornata nella sua Puglia, Claudia ha potuto riscoprire colori e profumi che, dopo lunghi mesi, credeva di aver dimenticato. Ha ritrovato il mare, il sole, il calore della gente, circondata nuovamente dall’affetto dei suoi familiari.

C’è tuttavia anche qualche aspetto negativo in questa esperienza: la netta separazione tra vita lavorativa e vita privata.A Manfredonia c’è comunque la possibilità di poter usufruire di alcuni spazi di coworking.

‘’Sarebbe ottimale – afferma Claudia Di Bari – non dover più scegliere tra lavoro e famiglia. Il South Working rappresenta la giusta soluzione per perseguire e realizzare i propri obiettivi professionali, senza rinunciare a vivere nei luoghi del cuore”. 

Pubblicato
il 1 Settembre 2020

di Giansandro Merli

Se nella località delle vacanze estive avete visto qualcuno aggirarsi in cerca di una rete wi-fi con maglietta a maniche corte, infradito ai piedi e computer sottobraccio vi siete probabilmente imbattuti in un lavoratore in south working. Sfogliando su Instagram l’hashtag che unisce queste due paroline inglesi dietro il cancelletto della tastiera si rincorrono immagini di pc messi a produzione su sfondi mozzafiato. C’è chi è andato in montagna e chi in collina, ma non serve un meteorologo per sapere da che parte tira il vento. Soprattutto in estate. «Non c’è paragone, almeno in questo periodo. A Roma il caldo è insopportabile, qui finisco di lavorare e in dieci minuti sono al mare. Poi tutto costa meno: fare la spesa, mangiare fuori, bere una birra. E finalmente posso trascorrere con la mia famiglia un periodo lungo, 15 anni dopo essere andata via per studiare», dice Arianna Tafuro. Si occupa di assistenza tecnica in materia di cooperazione bilaterale per Anpal servizi, a Roma. L’11 giugno è tornata a Trepuzzi, in provincia di Lecce. Conta di restarci fino a inizio settembre…

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Pubblicato
il 31 Agosto 2020

di Eleonora Orfanò

Il team di ​“South Working”​, ​composto da giovani under 35​, altamente qualificati, dà voce a molte persone costrette a lasciare la loro terra alla ricerca di offerte lavorative attinenti al loro percorso di studi. Questo ambizioso progetto mette in discussione la cosiddetta “fuga di cervelli” e analizzando il rapporto tra territorio, imprese e comunità, ricerca soluzioni sostenibili e di maggiore coesione sociale. Ne parliamo con ​Elena Militello​, ideatrice del progetto.

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Pubblicato
il 30 Agosto 2020

UP2GO è una startup innovativa nel mondo della mobilità sostenibile.

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l cui team, da anni, lavora completamente da remoto per offrire servizi come il carpooling aziendale e la certificazione dell’impronta ambientale dei viaggi casa-lavoro in bici o a piedi.

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